domenica 23 ottobre 2011

83. Maxwell

La prima fotografia della storia fu realizzata nell’estate del 1826 da Joseph Nicephore Nièpce e ritrae una veduta dalla finestra dello studio dell’autore (oggi esposta all’Università di Austin in Texas).

L’immagine, realizzata pennellando con uno strato di bitume una lamina di rame ricoperta d’argento, richiese più di 8 ore di esposizione.

Nel 1827, durante un viaggio a Parigi, Nièpce conosce il pittore Louis Jacques Mandé Daguerre che in seguito diventerà suo collaboratore.    Nel 1829 fonda con Daguerre un'associazione per il perfezionamento dei materiali fotosensibili. Muore tuttavia quattro anni dopo e il figlio Isidore prende il suo posto nell’associazione con Daguerre, ma non riesce a fornire alcun contributo, tanto che Daguerre modifica il contratto e muta il nome dell’invenzione in dagherrotipia, sfruttando le intuizioni di Nièpce.

Con un procedimento modificato Daguerre ottiene prima una buona immagine di una natura morta su una lastra di rame allo ioduro d’argento che misura cm 16 x 21, poi, da una finestra che dà verso il Boulevard du Temple a Parigi, riprende per la prima volta due persone.
La prima fotografia a colori fu invece realizzata nel 1861 dal matematico e fisico scozzese James Clerk Maxwell (1831 – 1879), il quale scoprì che la fotografia a colori poteva essere realizzata con filtri rossi, verdi e blu. Fece fotografare tre volte un tartan scozzese mettendo sopra l'obiettivo tre filtri di diverso colore. Le tre immagini furono, poi, sviluppate e proiettate su uno schermo con tre proiettori differenti. Una volta messe a fuoco sullo stesso punto ne scaturì l'immagine a colori, la prima nella storia.

In precedenza, nel 1859, Maxwell fece conoscere la sua Teoria sulla visione dei colori, che va considerata come l'origine della misura quantitativa dei colori (Colorimetria). Grazie ad una serie di esperimenti condotti con cerchi colorati rotanti, che gli permettevano di miscelare i colori controllandone con precisione le intensità, Maxwell riuscì a creare dei diagrammi, famosi con il nome di Triangoli di Maxwell. Adoperando questi diagrammi era possibile ottenere tutte le sfumature ottenibili dai tre colori primari: rosso, verde e blu.
I contributi di Maxwell alla fisica del XIX secolo riguardano fenomeni termici, ottici, elettrici e magnetici. In particolare le 4 equazioni che portano il suo nome, sono un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali lineari in quattro variabili che descrivono completamente l'interazione elettromagnetica classica e raccolgono in modo omogeneo le leggi di Gauss per i campi elettrici e magnetici, insieme alle leggi di Faraday e Ampere-Maxwell.
Nel XVII secolo fu Christiaan Huygens (1629 – 1695) il primo a chiedersi quale fosse la natura della luce. Osservando l'analogia di alcuni comportamenti della luce con altri fenomeni, ipotizzò che la luce fosse un'onda longitudinale che si propaga in un mezzo che permea tutto l'universo, detto etere.
Secondo Isaac Newton (1642 – 1727) invece, la luce è formata da corpuscoli di massa piccolissima, emessi ad elevata velocità dalle sorgenti luminose.
Le due teorie proponevano due concezioni contrapposte. Nel modello ondulatorio di Huygens, la luce è propagazione di energia e non di materia, ma richiede un mezzo materiale elastico per propagarsi, mentre secondo il modello corpuscolare di Newton l'energia luminosa si accompagna al trasporto di materia, ma non richiede alcun mezzo per propagarsi.
Entrambi  i modelli erano in grado di descrivere in modo coerente la maggior parte dei fenomeni luminosi conosciuti, ma divergevano nell'interpretazione di alcuni di essi, tra cui il fenomeno dei colori, della rifrazione, la teoria delle ombre.
Inoltre la teoria ondulatoria prevede una velocità minore nei mezzi trasparenti più densi, mentre per la teoria corpuscolare avviene l'opposto.
Thomas Young (1773 – 1829) osservò figure di interferenza che potevano essere descritte solo in termine di onde. Jean Bernard Léon Foucault (1819 – 1868) misurò la velocità della luce nell’aria e nell’acqua e trovò che essa e’ minore nel mezzo più denso.  
Nel 1873 le equazioni di Maxwell appaiono per la prima volta in forma differenziale nel testo "A Treatise on Electricity and Magnetism"; la loro importanza consiste nella previsione delle onde elettromagnetiche, prima di allora sconosciute, che verranno scoperte in seguito da Hertz e Marconi. E che fornirà ad Einstein le basi per l'unificazione dello spazio-tempo e la formulazione della Teoria della Relatività che si ritiene debba venire soddisfatta da tutte le interazioni del mondo fisico.
Le equazioni di Maxwell prevedono in modo naturale la velocità delle onde elettromagnetiche, e quindi della luce, nel vuoto: c = 299.792,458 km/s

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