La
successione di Didone al trono di Belo, re di Tiro, di cui era figlia primogenita, fu
contrastata dal fratello Pigmalione, che le uccise segretamente il marito
Sicheo e prese il potere al suo posto. Probabilmente con lo scopo di evitare la guerra
civile, Didone lasciò Tiro con un largo seguito e cominciò una lunga
peregrinazione, le cui tappe principali furono Cipro e Malta.
Approdata infine sulle coste libiche,
Didone ottenne dal re Iarba il permesso di stabilirvisi, prendendo tanto
terreno "quanto
ne poteva contenere una pelle di bue". L'antico
soprannome di Cartagine, infatti,
era "Birsa", che in greco significa "pelle di bue".
Didone scelse una penisola, tagliò astutamente la pelle di toro in tante
striscioline e le mise in fila, in modo da delimitare quello che sarebbe stato
il futuro territorio della città di
Cartagine e riuscì a occupare un terreno di circa ventidue stadi quadrati (uno stadio equivale a circa 185,27 m). Da
questa leggenda è nato il cosiddetto problema di Didone.
Didone è una figura mitologica, fondatrice
e prima regina di Cartagine. Secondo la narrazione virgiliana si innamorò
dell'eroe troiano Enea, figlio di
Anchise, quando si rifugiò a Cartagine prima di arrivare nel Lazio, e lo sposò.
Disperata per la partenza improvvisa di Enea, costretto dal Fato, Didone si
uccise con la spada di Enea.
Con la corda composta dalle striscioline,
la principessa fece congiungere le rive dai lati opposti dell’altura,
acquisendo così la proprietà della collina ed un comodo sbocco sul mare;
inoltre viene specificato che Didone fece disporre la corda a forma di semicerchio in modo da
racchiudere la maggior area possibile. Questo racconto alimentò
la curiosità dei matematici: infatti porta con sé la questione del perché Didone
avesse scelto proprio la forma semicircolare per delimitare quella che riteneva
essere la maggior superficie possibile. Il problema, chiamato
spesso problema isoperimetrico, si
può riformulare chiedendo quale sia la figura geometrica che a parità di
perimetro ha area maggiore. La soluzione è intuitivamente il cerchio. Per
dimostrare questo risultato si dovette attendere il 1838 quando Jakob Steiner ci riuscì mediante un
processo noto come simmetrizzazione di
Steiner. Successivamente la sua dimostrazione fu perfezionata e resa più
rigorosa da altri matematici come Karl
Weierstrass.
Si tratta di ottenere il massimo
risultato con un dato sforzo o viceversa un risultato desiderato con il minimo
sforzo. Da questa doppia formulazione dello stesso problema, vediamo che non vi
è alcuna differenza essenziale fra massimo e minimo, cioè possiamo
semplicemente parlare di valori estremi. Un campo in cui il principio di minimo
si è mostrato utile è la statica, la scienza dell’equilibrio. Un corpo che si
muove su una superficie liscia sotto l’influenza della forza di gravità, si
ferma in equilibrio stabile nel punto più basso. Se abbiamo un sistema
meccanico formato da diversi corpi, come ad esempio una collana di perle, il
centro di gravità del sistema all’equilibrio sarà situato il più in basso
possibile. In altre parole, per trovare l’equilibrio stabile, si deve cercare
la posizione in cui l’altezza del baricentro
sia un minimo. Il prodotto di questa altezza per la forza di gravità è chiamato energia
potenziale. Una catena, costituita da moltissime parti e sospesa agli
estremi, assume una forma definita dalla condizione che l’altezza del suo
baricentro sia un minimo. Abbiamo a che fare con un problema variazionale e fra le infinite curve di ugual lunghezza,
quella con il baricentro più basso viene chiamata catenaria.
Da Wikipedia
- In matematica, la catenaria è una
particolare curva piana iperbolica (dall'aspetto simile alla parabola), il cui andamento è quello
caratteristico di una fune omogenea, flessibile e non estensibile, i cui due
estremi siano vincolati e che sia lasciata pendere, soggetta soltanto al
proprio peso.
L'equazione
della catenaria può essere espressa matematicamente tramite il coseno iperbolico:
Il problema era già stato considerato da
Leonardo da Vinci nel XV secolo. Galileo Galilei credette che la parabola potesse essere l’equazione
giusta, ma in seguito nel 1669 il matematico tedesco Joachim Jungius dimostrò che non era così. Ma furono Gottfried Leibniz, Christiaan Huygens e Johann
Bernoulli a ricavare nel 1691 l’equazione corretta, che, al contrario della
parabola, era una curva non algebrica.
Galilei non aveva però sbagliato del tutto; nella catenaria la distribuzione del peso della catena è uniforme per ogni lunghezza di arco,
mentre nei ponti sospesi, dove alla catena sono appesi i tiranti che sostengono
il ponte, la distribuzione del peso è uniforme
per unità orizzontale di lunghezza e la curva è in questo caso una parabola. Nel caso di una vela gonfiata
dal vento si ottiene la stessa curva, solo che viene chiamata velaria.
Abbiamo già detto in un precedente post, che tra le proprietà della catenaria c’è quella di essere l’evoluta di una trattrice.
Si può provare che la catenaria è la
curva cercata da Eulero che soddisfa
la condizione: la superficie ottenuta dalla rotazione della catenaria è detta catenoide ed è la superficie di area
minima che ha come bordo due circonferenze nello spazio poste su piani
paralleli.
Catenoide |
Se si considera una linea retta parallela all’asse delle x (con equazione y = k), I’area compresa nell’intervallo [a,b]
è semplicemente quella del rettangolo di lati “k” e “b-a”. Si può anche dire che l’area è proporzionale alla
lunghezza del segmento della curva (in questo caso
della retta).
Ebbene, esiste un’altra curva che
possiede la stessa proprietà: la catenaria.
a = A = b = B |
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