«È
una marmellata ottima», disse la regina.
«Tanto
oggi non ne voglio.», rispose Alice.
«Anche
se tu ne avessi voluta, non avresti potuto averne», ribatté la regina. «La regola è marmellata domani e marmellata
ieri, ma non marmellata oggi.»
«Ma
prima o poi ci potrà essere marmellata oggi!», obiettò Alice.
«No.»
replicò la Regina. «La marmellata c'è
negli altri giorni; e oggi non è un altro giorno, come dovresti sapere.»
«Non
vi capisco» disse Alice. «È
spaventosamente confuso.»
Lewis Carroll,
“Attraverso lo specchio e quel che Alice
vi trovò”
Oggi parlerò di un posto dove nessuno è
mai stato, in qualche modo ai confini della realtà, anzi oltre.
Malgrado non avessi ancora letto “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi
trovò” quando avevo all’incirca dieci anni, mi capitava spesso di pensare
queste stesse cose e di fantasticare se ci fosse “veramente” qualche cosa
dall’altra parte e se fosse esistito un modo di passare dall’altra parte. La
spiegazione che mi davo era che se si tentava di far passare qualche cosa
dall’altra parte l’oggetto speculare ostacolava sempre il passaggio…
Come in Alice oltre lo specchio, quello
che volevo capire era fino a dove si poteva “vedere” e quanto fosse “reale”
quello che stava dall’altra parte.
Ma il concetto principale è capire che esiste
una sorta di “indeterminazione”:
In
seguito Alice continua con alcune interessanti considerazioni e riesce infine a
passare dall’altra parte dello specchio:
“Credi che ti piacerebbe stare nella
Casa dello Specchio, micino? Chissà se ti darebbero il latte anche là? Forse il
latte della Casa dello Specchio non è buono da bere... Ma adesso, micino,
arriviamo al corridoio. Se si lascia spalancata la porta del nostro salotto, si
vede un pezzetto di corridoio della Casa dello Specchio; e quel pezzetto è
proprio uguale al nostro, ma il resto potrebbe anche essere diverso. Oh, micino,
come sarebbe bello se potessimo entrare nella Casa dello Specchio! Sono sicura
che ci sono tante belle cose là dentro!
Facciamo finta che ci si possa entrare,
micino. Facciamo finta che il vetro sia morbido come un velo e che lo si possa
attraversare. Ma guarda, adesso sta diventando come una specie di nebbia!
Dev’essere facilissimo entrarci...
Alice si trovò sulla mensola del camino,
mentre diceva così, sebbene non sapesse in che modo si fosse arrampicata lassù,
e certo lo specchio cominciava a dissolversi, come una luccicante nebbia
argentea. L’istante dopo, Alice passava attraverso lo specchio e vi saltava
agilmente dentro. [..]
Poi cominciò a guardarsi intorno e notò
che tutto ciò che poteva essere veduto dalla vecchia stanza era comune e poco
interessante, ma che tutto il resto era completamente diverso. Per esempio, i
quadri appesi alla parete accanto al camino sembravano vivi e perfino
l’orologio sul caminetto (sapete bene che, nello specchio, se ne vede soltanto
il dietro) aveva la faccia di un vecchietto e le sorrideva bonario.”
Lewis
Carroll, da “Attraverso lo specchio e
quel che Alice vi trovò”
In un bel trattato che potete trovare qui, Odifreddi analizza in modo approfondito questo tipo di considerazioni
e, tra le molte, una delle più interessanti è:
“Scendendo dal livello macroscopico a
quello microscopico, l'equazione diSchrödinger mostra che ogni molecola può esistere in due forme (dette stereoisomeri) che sono una l'immagine speculare
dell'altra: ad esempio, ci sono due tipi di zucchero, chiamati appunto
destrosio e levulosio; e ci sono due tipi di morfine, uno dei quali è però
completamente innocuo. La vita privilegia molecole, aminoacidi e DNA sinistrorsi,
senza apparenti motivi ne’ a favore di questa scelta, ne’ contro quella
opposta. Probabilmente, si tratta del risultato di un processo evolutivo che, a
partire da un casuale inizio sinistrorso, ha lentamente preso il sopravvento ed
esautorato l'alternativa destrorsa. Alice dubita, prima di passare attraverso lo
specchio, che "forse il latte speculare non sarebbe buono da bere", e
ha ragione: non solo avrebbe un gusto diverso, ma probabilmente non sarebbe neppure
assimilabile. In un mondo di molecole destrorse, insomma, si morirebbe presto
di fame.”
Oltre lo specchio le lancette
dell’orologio girano in senso antiorario e i libri sono scritti
all’incontrario. Però il tempo scorre come da questa parte, anche se un certo
tipo di inversione temporale il reverendo Charles Dodgson (Lewis Carroll) l’aveva in mente: la Regina Bianca si ricorda il
futuro ed il Cappellaio Matto è in prigione per un crimine che non ha ancora commesso.
E una volta arrivata dall’altra parte,
Alice si accorge che molte delle “cose nascoste” sono effettivamente differenti,
ma come detto all’inizio in questo posto nessuno è mai stato.
Anche in Fisica esistono “cose
nascoste”, in questo caso, però, si è riusciti a capire cosa non si può
conoscere o per meglio dire determinarne la misura.
Prima di proseguire devo raccontare
un’altra storia.
Lo studio profondo della natura è la fonte
più feconda delle scoperte matematiche.
J.
Fourier
Jean Baptiste
Joseph Fourier nacque il 21 marzo 1768 ad Auxerre, antica cittadina collocata
150 Km a sud di Parigi.
Dopo la morte
della prima moglie dalla quale ebbe tre figli, il padre Joseph si risposò e
Jean Baptiste Joseph fu il nono dei 12 figli avuti dalla seconda moglie. Orfano
di entrambi i genitori prima dei 10 anni, visse un paio d’anni con gli zii. Entrò
nel 1780 alla Scuola Reale Militare, dove si formavano i futuri ufficiali
dell’esercito francese. Studiò con passione di giorno e di notte, mettendo a
dura prova la sua delicata costituzione (iniziò a soffrire di asma e insonnia),
e nel 1783 vinse il primo premio della Scuola per il suo studio ‘Mécanique en général’.
Pensò di
indirizzarsi verso la carriera ecclesiastica e, nel 1787, entrò come novizio nell’Abbazia
Benedettina di St. Benoit-sur-Loire. In quegli anni era indeciso tra la vita
religiosa e la ricerca matematica. Una sua lettera a Bonard, suo professore di
Matematica ad Auxerre, fa tuttavia pensare che preferisse la ricerca
matematica: ‘ieri ho compiuto 21 anni, a quest’età Newton e Pascal avevano già raggiunto
l’immortalità’. Non prese i voti religiosi, forse per sua scelta, forse perché
nel frattempo era scoppiata la Rivoluzione Francese con conseguente soppressione
degli ordini religiosi. Tuttavia l’esercizio della vita monastica ebbe una
notevole influenza sul suo stile di vita, e forse fu uno dei motivi per cui non
si sposò. Dopo un anno di insegnamento della filosofia nel collegio parigino di
Montaigu ritornò ad Auxerre dove, nel 1790, divenne assistente di Bonard nella
stessa Scuola dove aveva compiuto gli studi.
Nella
primavera del 1793, favorevole alle idee della Rivoluzione, iniziò a perseguire
ideali politici. Aderì alla ‘Société Populaire’
di Auxerre e fu nominato in seguito membro del locale ‘Comité Révolutionnaire de Surveillance’, una sorta di polizia
segreta. La sua coraggiosa condanna dei soprusi perpetuati da parte di un temuto
rappresentante del popolo, gli attirò l’odio degli avversari politici. Volle
andare di persona a Parigi per difendere tre padri di famiglia, vittime del
terrore ad Orléans, di fronte allo stesso Robespierre. Probabilmente non lo
convinse, dato che il 4 luglio 1794 fu arrestato, ma liberato il 28 per
l’amnistia generale seguita alla caduta e morte di Robespierre.
Intanto era
stata istituita a Parigi l’Ecole Normale, con l’intento di preparare i futuri
insegnanti e Fourier fu scelto per seguire i corsi di Lagrange, Laplace e
Monge.
Nel settembre
1794 fu nuovamente arrestato con l’accusa di essere stato un seguace di
Robespierre. Si proclamò innocente nelle sue lettere dal carcere, e fu
rilasciato senza essere neppure interrogato, non è chiaro se per intervento di
Laplace, Lagrange o Monge, o per l’avvento di Napoleone.
Non è semplice
delineare in poche righe la vita di Fourier. Fu di volta in volta professore,
Governatore d’Egitto, Prefetto di Francia, amico di Napoleone.
Fu anche per
molti anni Prefetto del Dipartimento di Isère. Questo ruolo lo costrinse a
vivere, con sofferenza, lontano dal mondo scientifico parigino, costantemente
impegnato a risolvere problemi burocratici e amministrativi. Fu solo con la caduta
di Napoleone che cominciò la sua vita di scienziato e matematico a tempo pieno.
Finalmente trasferito a Parigi e con un lavoro di scarso impegno in termini di
tempo, poté finalmente redigere il trattato che lo rese poi celebre: ‘La teoria
analitica del calore’. Nell’opera vengono introdotte tecniche matematiche per
determinar le caratteristiche e le variazioni dei vari coefficienti. Fourier
fece infatti uso di serie trigonometriche e della celebre trasformata, ancora
oggi di fondamentale importanza in svariati campi, dalla musica, alla medicina,
alla cristallografia, alla radioastronomia e alle telecomunicazioni.
Trascorse gli
ultimi anni della sua vita in precarie condizioni di salute, probabilmente a
causa dell’ipotiroidismo, malattia contratta sin dai tempi dell’Egitto. Tutta
la sua opera fu in realtà pionieristica, e oggigiorno è considerato il padre
dell’analisi armonica.
Morì a Parigi a 62 anni, il 16 maggio del 1830, per un
attacco cardiaco.
In matematica,
in particolare in analisi armonica, la Serie di Fourier è una rappresentazione
di una funzione periodica mediante una combinazione lineare di funzioni
sinusoidali fondamentali. E’ quindi comprensibile lo scetticismo dei matematici
contemporanei di Fourier. Egli affermava in sostanza, al contrario di quanto
sosteneva l'Analisi Matematica, che una funzione discontinua potesse essere
ottenuta come somma di funzioni continue, di sinusoidi appunto. Nasceva
l’Analisi non Differenziabile. La scoperta coinvolse i maggiori matematici della
prima metà dell’Ottocento; ad esempio, Lagrange nel 1807 non permise la
pubblicazione del lavoro originario.
Il passaggio
dalla serie all’integrale è la generalizzazione alle funzioni non periodiche;
considerando infatti l’intervallo di periodicità come un piccolo intervallo
oltre il quale la funzione si ripete in maniera identica, si può intendere una
funzione non periodica come caso limite di una funzione periodica di periodo
infinito. Per le funzioni non periodiche, gli ‘spettri a righe’ diventano
‘spettri continui’.
L’uso della
trasformata consente di vedere un segnale come una sovrapposizione di infinite
sinusoidi, con la conseguenza che per determinare come un sistema reagisce ad
un dato segnale è sufficiente conoscere come reagisce alla generica sinusoide
che compone il segnale e sommare poi i risultati parziali.
Essendo
continua, la Trasformata di Fourier (FT) non è completamente gestibile da un calcolatore
che, ovviamente, può trattare solo un numero finito di dati. Si utilizza quindi
la procedura nota come ‘campionamento’ del segnale, che consiste nel prelevare
il segnale solo in un numero finito di istanti, ad esempio ogni 0.1 msec.
Per questo nacque
la Trasformata Discreta di Fourier (DFT) con il duplice obiettivo di definire
una trasformazione che approssimasse il più possibile la FT e garantire che
tale trasformazione fosse eseguita da un calcolatore.
Senza entrare
troppo in dettaglio, si può dimostrare che è possibile esprimere gli spettri
sotto forma dei parametri della DFT; tali spettri sono ovviamente a frequenza
discreta.
Dalla seconda
metà dell’Ottocento e per circa un secolo il problema dell’applicazione della
trasformata di Fourier apparve associato al tempo di calcolo; la DFT richiedeva
infatti un tempo altissimo, finché Runge nel 1903 descrisse per la prima volta
la Trasformata Veloce di Fourier (FFT). Danielson e Lanczos nel 1942 ridussero
ulteriormente il numero delle operazioni, partendo dall’osservazione di alcune
simmetrie e periodicità. Ma la FFT divenne realmente popolare solo nel 1965,
dopo che J.W. Cooley dell’IBM e J.W. Tukey dei Laboratori Bell Telephone di
Princeton inventarono un algoritmo molto efficiente per il calcolo della DFT.
Sembra che di fatto l’algoritmo fosse già stato scoperto e usato da Gauss nel
XIX secolo.
Senza
soffermarsi sui dettagli, il grande vantaggio è, che passando dalla DFT alla
FFT, il tempo di calcolo divenne proporzionale non più a N2
(N ricordiamo è il numero di campioni), bensì a N ln(N), con notevole vantaggio
al crescere del numero di campioni.
Chiusa questa lunga parentesi torniamo
alle “cose nascoste”.
Nel 1927 Werner Heisenberg riuscì a risolvere
il problema con il suo Principio di indeterminazione:
In meccanica quantistica il Principio di indeterminazione di Heisenberg è un costituente fondamentale della teoria e
stabilisce i limiti nella conoscenza, o determinazione, dei valori che grandezze fisiche coniugate assumono
contemporaneamente in un sistema fisico.
Nella forma più nota viene espresso
dalla relazione:
Nell’ambito della realtà formulata dalla
teoria quantistica, le leggi naturali non conducono quindi a una completa
determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo.
In termini più generali, quando due
grandezze fisiche, dette osservabili, non possono essere misurate entrambe
nello stesso momento sono dette incompatibili.
Esempi di coppie di osservabili
incompatibili sono:
·
posizione
e velocità in una determinata direzione,
·
intervallo
di tempo di un fenomeno e la sua variazione di energia,
·
componenti del momento angolare.
La misura di ogni singola grandezza, può
comunque essere determinata con precisione arbitraria.
Il prodotto delle incertezze di due
misure incompatibili non può essere inferiore alla costante di Planck h.
Mentre il principio di indeterminazione non si applica a tutte le possibili
coppie di osservabili.
Ad esempio è sempre possibile, in linea
di principio, misurare posizione e carica elettrica contemporaneamente e con precisione arbitraria. In
maniera analoga, mentre il principio di
indeterminazione si applica alla misura di x e della componente della quantità di moto
lungo x,
questo non si applica alla misura contemporanea di x e di py.
Prendiamo come esempio una sinusoide di
frequenza 3/T, troncata per un periodo lungo T (3 periodi della sinusoide).
Se la frequenza fosse 1000 Hz, T sarebbe
3 millisecondi. Ma essendo una sinusoide troncata, non sarebbe una sinusoide
“pura”, cioè 1 sola frequenza; sarebbe invece la somma di uno spettro continuo
di sinusoidi con varie frequenze di ampiezza differente. Facendo tendere
all’infinito il valore di T, si ottiene di far tendere a zero l’intervallo
delle frequenze, cioè ci si avvicina maggiormente al valore ideale di un’unica
frequenza (delta di Dirac).
Lo strumento matematico comunemente
utilizzato per eseguire questo tipo di analisi è la “trasformata di Fourier” vista in precedenza. Il motivo della vasta
diffusione risiede nel fatto che si tratta di uno strumento che permette di
scomporre un segnale generico in una somma infinita di sinusoidi con frequenze
e ampiezze diverse; e successivamente permette di ricostruirlo tramite la
formula inversa (antitrasformata).
L'insieme di valori in funzione della frequenza, continuo o discreto, è detto spettro di ampiezza.
Per ora possiamo fermarci qui e magari
riprenderemo qualcuno di questi argomenti in qualche post futuro. In questo
caso si è parlato di Alice, di Fourier e del principio di indeterminazione.
Forse si potevano fare 3 post o magari approfondire gli argomenti trattati; ad
esempio la radioastronomia citata prima
o gli spazi di Hilbert L2,
che, un secolo dopo, riuscirono a fornire il corretto ambito in cui collocare i
lavori di Fourier.
Anche Marylin Monroe in un’intervista espresse un concetto che aveva una certa
relazione con l’indeterminazione:
“Mi è capitato spesso di finire su un calendario. Ma mai per una data
precisa.”
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