Il monte
Everest è la vetta più alta della Terra (8.848 m). Il nome fu introdotto
nel 1865 dall'inglese Andrew Waugh
(1810 – 1878), governatore generale dell'India, in onore di Sir George Everest (1790 – 1866), suo
predecessore nel posto di ispettore generale dell'India, che lavorò per molti
anni come responsabile di geografi e cartografi britannici in India. George
aveva molti fratelli e nipoti. Una di queste nipoti era Mary Everest (1832 – 1916) figlia dell’eccentrico reverendo Thomas Roupell Everest. Da bambina Mary
aveva mostrato una certa attitudine per la matematica ed i suoi genitori
decisero di farla seguire da un tutor di 17 anni più anziano, al quale era
legata da profonda amicizia. All’età di 23 anni, dopo la morte del padre, era
caduta in miseria e alla proposta di matrimonio del tutor accettò di sposarsi.
Ebbero 5 figlie, ma il matrimonio durò appena 9 anni. Nell’autunno del 1864, il
marito aveva percorso 5 chilometri a piedi sotto la pioggia, mentre si recava
ad insegnare all’University College Cork (UCC) in Irlanda. La cosa tragica è
che probabilmente la sua morte fu affrettata dalle pericolose teorie della
moglie, che a quanto pare lo “curava per similia” facendolo coricare tra
lenzuola inzuppate nell’acqua fredda. Se ne andava così per una polmonite,
all’età di 49 anni, George Boole
(1815 – 1864) considerato il fondatore della logica matematica.
La vita di George Boole
Nasce a Lincoln, in Inghilterra, il 2
novembre 1815 e cresce in povertà, studiando da autodidatta greco, latino, francese,
tedesco e italiano. Studia anche matematica sui testi di Giuseppe Luigi
Lagrange e Pierre-Simon de Laplace. In seguito si dedica allo studio di metodi
algebrici per la risoluzione di equazioni differenziali e la pubblicazione dei
suoi risultati gli fa ottenere la medaglia della Royal Society.
Nel 1849 riceve la nomina alla cattedra
di matematica al Queen's College di Cork, in Irlanda, dove insegnerà per tutto
il resto della vita. Ed è proprio a Cork che George Boole si spegne l'8
dicembre 1864.
I più grandi meriti che vengono
attribuiti a George Boole sono l'applicazione del calcolo simbolico alla logica.
Con il suo "The Mathematical
Analysis of Logic" (1847), Boole propone l'associazione tra logica e
matematica al posto di quella fra logica e metafisica; in sostanza pone la
logica sullo stesso piano della scienza, delle leggi dei simboli, attraverso i
quali si esprimono i pensieri. La sua opera più importante è "An Investigation of the Laws of Thought"
(1854), indirizzata alle leggi del pensiero, con la quale viene proposta una nuova
impostazione della logica, riconducendo le composizioni degli enunciati a
semplici operazioni algebriche, dopo
aver rilevato le analogie fra oggetti dell'algebra e oggetti della logica (algebra booleana).
La sua terza figlia, Alicia Boole, fu anch'essa
un'importante matematica: a lei si deve il termine "politopo", per riferirsi ad un solido convesso a 3 o più
dimensioni come equivalente dei poligoni; i poligoni si possono quindi anche
chiamare 2-politopi e i poliedri 3-politopi (vedi 218. 1, 2, 3,tanti).
In
piedi le 5 figlie: Margaret (1858-1935),
Ethel Lilian (1864-1960), Alice (1860-1940), Lucy (1862-1905) e Mary
Ellen (1856-1908). Davanti:
Julian & Geoffry I. Taylor, Mary
Everest Boole, Leonard Stott, George Hinton e Mary Stott (seduta in braccio
a Mary Everest Boole). Foto: Whitely of London, copyright UCC.
Gli operatori dell'algebra booleana
possono essere rappresentati in vari modi, ma spesso sono scritti semplicemente
come AND, OR e NOT che è la
scrittura che viene utilizzata per parlare degli operatori booleani.
Le diverse
simbologie per rappresentare gli operatori sono scelte in base al campo in cui
si lavora: i matematici usano spesso il simbolo + per l'OR, e X o * per l'AND, in quanto per alcuni versi questi operatori lavorano in modo
analogo alla somma e alla moltiplicazione. La negazione NOT viene rappresentata spesso da una linea disegnata sopra
l'argomento della negazione, cioè dell'espressione che deve essere negata.
Boole individuò un sistema per
formulare questo tipo di ragionamenti per mezzo di un’algebra delle classi: le
classi venivano indicate come lettere (ad esempio, x) così come già venivano utilizzate per rappresentare numeri
nell’algebra ordinaria. Se x ed y rappresentavano due classi, Boole
indicava con xy la classe degli
oggetti che stavano sia in x che in y: in qualche modo, stava
assimilando questa nuova operazione fra classi alla
moltiplicazione numerica. Sussisteva, però, una differenza
sostanziale: se x è la classe dei gatti
rossi, allora xx è ancora la classe
dei gatti rossi. Ossia, nella nuova algebra che stava nascendo era sempre
valida l’equazione xx = x; questo
assioma segna un distacco dall’algebra ordinaria.
Il passo successivo fu trovare
un’analogia con le equazioni dell’algebra, dove xx = x è vera se e
soltanto se x = 0 oppure x = 1. Dunque, l’algebra della logica
coincide con l’algebra ordinaria limitata ai due soli valori 0 e 1. I due valori 0 e 1 andavano, quindi,
interpretati come classi. Per capire, però, in che modo consideriamo le moltiplicazioni
per 0 e per 1 nell’algebra ordinaria: qualunque sia il valore di x,
0 .
x = 0 1 .
x = x
Se interpretiamo le due identità sopra
nel linguaggio delle classi, esse sono vere quando indichiamo con:
- 0 la classe che non contiene alcunché, che oggi chiamiamo insieme vuoto,
- 1 la classe che contiene qualunque entità cui possiamo pensare, che potremmo chiamare universe.
Rimaneva ancora da interpretare, nella
nuova algebra, l’altra operazione definita nell’algebra ordinaria: l’addizione. Boole stabilì che x+y rappresentava la classe contenente tutto ciò
che è contenuto in x o in y.
Boole individuò nella sua algebra anche
l’operazione inversa dell’addizione: x - y
denota la classe contenente tutto ciò che è contenuto in x ma non è contenuto in y.
In particolare, 1
- x, la classe
complemento di x, rappresenta tutto
ciò che non è contenuto in x.
Allora, x
+ (1 - x) = 1;
ossia, qualunque oggetto deve essere in una classe o nel suo complemento: una
rilettura del principio del terzo
escluso di Aristotele.
Utilizziamo, ora, la notazione x2 per indicare xx e vediamo come possiamo interpretare
la regola fondamentale di Boole xx =
x : tale regola può venire scritta
come x2 = x da cui, applicando il primo principio
di equivalenza delle equazioni dell’algebra ordinaria, otteniamo x2 - x = 0. Possiamo quindi raccogliere a fattor comune
e ottenere x (1 - x) = 0; ossia, niente può sia appartenere che non appartenere a una classe. Per Boole questo fu un risultato entusiasmante, che
rafforzò la sua convinzione di essere sulla strada giusta: infatti, questa equazione
esprimeva proprio quel principio di non contraddizione
che Aristotele ha descritto come l’assioma fondamentale di tutta la filosofia.
La
logica da Aristotele a Godel
Con la fisica
moderna (la meccanica quantistica) si è però passati da una logica aristotelica
o del terzo escluso, ad una eraclitea
(antidialettica) che invece lo include sostituendo il principio di non
contraddizione con quello di complementare contraddittorietà; potendo un quanto
essere e non essere contemporaneamente due rappresentazioni opposte di una
stessa realtà: particella ed onda. Cosa che poi rappresenta il vero paradosso
del divenire della realtà in generale quando "nello stesso fiume scendiamo e non scendiamo; siamo e non siamo"
(Eraclito).
Da Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Logica