Tutto cominciò con un triciclo. Lo
scozzese John Boyd Dunlop (1840 –
1921) dopo essersi laureato in veterinaria, tra le altre cose, fu anche inventore
e chirurgo. Nel 1867 si trasferì in Irlanda, dove, vent’anni dopo, guardando
pedalare il proprio figlio su una strada sassosa, ebbe l’idea di inventare lo
pneumatico.
L’anno successivo depositò il brevetto e nel 1889 fondò la società produttrice degli pneumatici Dunlop: Pneumatic Tyre and Booths Cycle Agency. Una squadra di ciclisti inglesi che montava gomme Dunlop, contribuì a rendere l’invenzione famosa nel mondo e le gomme piene furono sostituite nelle biciclette e nelle automobili.
Due anni dopo la concessione, Dunlop fu
informato ufficialmente che gli era stato revocato il brevetto in seguito a
verifiche più approfondite. Era infatti emerso che già quarant'anni prima
l'inventore Robert William Thomson (1822
– 1873) di Stonehaven (anche lui scozzese), aveva già brevettato un'idea
analoga in Francia nel 1846 e negli Stati Uniti nel 1847. Forse Thomson era
troppo in anticipo e morì a 51 anni senza riuscire a vedere i futuri sviluppi
che avrebbe avuto la sua invenzione. O forse perché non era ancora stata inventata la
vulcanizzazione, che serve a dare elasticità e durezza a caucciù e gomme
sintetiche, rendendole insensibili alle variazioni di temperatura. Questo
processo consiste sostanzialmente nel far reagire a caldo gomma e zolfo con altri
catalizzatori, e fu scoperta nel 1855 dall’americano Charles Goodyear (anche lui rimasto famoso nel settore, l'azienda Goodyear Tire and Rubber Company è stata
chiamata così in suo omaggio). I legami chimici tra le catene di molecole “a ponte
di zolfo”, creano un reticolo stabile, che impedisce alla gomma di rammollire e
di deformarsi se la temperatura sale. A seconda della quantità di zolfo
impiegato, si ottengono gomme più o meno dure.
Ma come funziona lo pneumatico e come
riesce a rimanere gonfio sotto il peso di un ciclista o quello di un
automobile?
La prima risposta è semplice: è pieno di
aria compressa (o altro gas).
Quello che è meno immediato è che atomi
e molecole urtando tra loro e contro le pareti ad alta velocità riescono a
“reggere” il peso di ciò che portano in giro. Questi proiettili sono molto
piccoli, ma sono veramente tanti, ma tanti tanti. Non è semplice immaginare
numeri simili e non approfondirò oltre l’argomento; riporto solo l’inizio del capitolo
39 “The Kinetic Theory of Gases”
delle famose lezioni “The Feynman
Lectures on Physics, Volume I”:
“Innanzitutto, sappiamo che un gas
esercita una pressione. Se le nostre orecchie fossero più sensibili, sentiremmo
un rumore continuo. Per fortuna l'evoluzione dell'orecchio non si è sviluppata
a quel punto. La ragione è che il timpano è a contatto con l'aria, e l'aria è costituita
da un sacco di molecole in movimento continuo e queste sbattono contro i
timpani, causando un irregolare boom,
boom, boom, che non si sente solo perché gli atomi sono così piccoli, e
la sensibilità dell'orecchio insufficiente per accorgersene. Il risultato di
questo bombardamento perpetuo è di spingere il tamburo lontano, ma naturalmente
c'è un bombardamento perpetuo uguale di atomi sull'altro lato del timpano, in
modo tale che la forza netta risultante sia zero. Se dovessimo rimuovere l'aria
da uno dei due lati, o modificare le quantità relative di aria, il timpano
sarebbe poi spinto da una parte o dall'altra, perché la quantità di
bombardamenti su un lato sarebbe superiore a quella sull’altro. A volte si
prova questo effetto di disagio quando si va troppo in fretta in un ascensore o
durante la fase di atterraggio di un aereo, soprattutto se abbiamo anche un
brutto raffreddore (quando abbiamo un raffreddore, l’infiammazione chiude il canale
che collega l'aria all'interno del timpano con l’aria esterna che attraversa la
gola, in modo che le due pressioni non possono facilmente bilanciarsi)”.
Le molecole che compongono l’aria che
respiriamo hanno una velocità media dell’ordine di 2000 km all’ora, anche se
non riusciamo a percepirlo.
Tornando al nostro pneumatico, se la
ruota non è montata, senza schiacciarla non riusciamo a capire se è gonfia o
no. Se però vogliamo utilizzarla dobbiamo gonfiarla, cioè dobbiamo aumentare la
pressione al suo interno.
L’unica formula che voglio mostrare è l’equazione di stato dei gas perfetti:
pV = nRT
dove le variabili sono nell’ordine: pressione, volume, quantità di sostanza,
costante dei gas e temperatura assoluta.
Nel caso dello pneumatico V,R
e T di norma non cambiano, mentre p aumenta in funzione di n, cioè se si aumenta la quantità di
gas, aumenta in proporzione la pressione. Facciamo qualche esempio. Per le
gomme di una bicicletta una buona regola generale è gonfiare di 1 atmosfera per
ogni 10 kg di peso (es: se pesi 70 kg le gonfi a 7 atm); che non è poco, se si
pensa che la pressione delle ruote delle auto è compresa tra 2 e 2,5 atmosfere.
Vediamo perché e poniamoci prima un paio di domande: che pressione esercita un copertone sull’asfalto e qual è l’area della sua impronta? Le
risposte non sono poi così difficili.
Primo, per essere
in equilibrio, la pressione esercitata
dall’asfalto sullo pneumatico deve equilibrare la pressione interna, per cui 7
atm per la bici e 2,2 per l’auto.
Secondo,
la pressione si ottiene come forza per unità di superficie, p = F/S, e ipotizzando una
massa di 70 kg (bici + uomo) e 1400 kg (auto + uomo), si ottiene che
con le pressioni scritte sopra le relative superfici sono:
In questo sito potete trovare come varia l’impronta dello pneumatico in relazione
alla pressione.
In fisica psi è l'acronimo di pound
per square inch, che significa libbre per pollice quadrato, ed è l'unità di
misura della pressione nel sistema anglosassone.
1
atm = 14,69 psi = 760 torr = 760
mmHg = 10,33 mH2O = 101325 Pa = 1,013 bar = 103,32 kgf/m² = 1,0332
kgf/cm² = 0,101325 N/mm²
Essendo inversamente proporzionali,
aumentando la pressione si
diminuisce l’area dell’impronta
lasciata sull’asfalto e viceversa. Per questo motivo si sgonfiano leggermente le
gomme per aumentarne l’aderenza in caso di nevicate e si dovrebbe aumentare la pressione d'estate di 0,2 - 0,3
bar quando si è a pieno carico.
Esistono semplici esempi di pressioni
molto elevate, come un chiodo sull’asfalto che fora un copertone o la pressione
esercitata dal tacco a spillo di una scarpa (di una donna di 50 kg), che arriva
a superare le 100 atmosfere.
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