Quando nel XVII secolo Galileo Galilei cominciò ad osservare
la Via Lattea con il cannocchiale,
scoprì che questa fascia che di notte si vedeva attraversare il cielo, era
composta da miriadi di stelle. Altri oggetti celesti, come la nebulosa di Orione, rimanevano invece
“nebulosi” anche osservati con questa nuova strumentazione ottica.
Il primo catalogo di nebulose, redatto da Charles Messier, venne pubblicato nel
1774. Si trattava di una lista di oggetti “nebulosi” (cioè di aspetto non
stellare), immobili rispetto alle stelle fisse. Messier iniziò con il resto di Supernova NGC 1952 (M1), visibile nella costellazione del
Toro, scoperto nel 1731 da John Bevis e formato dai gas in espansione espulsi
durante l'esplosione della Supernova 1054. M1, noto come “Nebulosa del Granchio”,
si trova a circa 6.500 anni luce dal sistema solare; perciò l'evento che l'ha
prodotto è in realtà avvenuto 6.500 anni prima del 1054 (quando la Supernova
venne osservata da popolazioni cinesi e arabe), cioè circa nel 5400 a.C.
La
prima edizione del catalogo di Messier
conteneva 45 oggetti, mentre quello finale, pubblicato 10 anni dopo, ne
conteneva 103; in seguito ne vennero aggiunti altri 7.
Al trentunesimo posto troviamo Andromeda, nota a tutti gli astrofili
come M31.
La prima volta che ho
sentito il nome di questa galassia è stato nel 1972, quando la RAI ha trasmesso
lo sceneggiato televisivo in cinque puntate “A come Andromeda”, basato sull’omonimo sceneggiato prodotto dalla
BBC nel 1961 su sceneggiatura di Fred Hoyle e John Elliot. Le varie vicende raccontate,
fanno da sfondo al primo contatto con un'intelligenza aliena stabilito dagli
esseri umani e che porterà i diretti protagonisti a confrontarsi con una realtà
inaspettata. Dopo i titoli di testa compariva la scritta: “Questa storia si svolge in Inghilterra l'anno prossimo”.
Può
sembrare strano, ma cento anni fa non
era ancora chiaro cosa fossero e a quale distanza si trovassero gli oggetti del
catalogo e per cercare di chiarire la situazione, il 26 aprile 1920 nell’auditorium
dello “Smithsonian Museum of Natural History” di Washington fu organizzato il Grande Dibattito.
Gli astronomi Harlow Shapley e Heber Curtis si interrogarono in merito alla reale natura delle
galassie e sulle dimensioni dell'Universo osservabile. La questione
fondamentale del dibattito era se le nebulose distanti fossero delle piccole
parti della nostra galassia, la Via Lattea, o fossero realmente delle grandi entità distinte, esterne alla
nostra galassia.
Shapley riteneva che la Via Lattea costituisse la totalità
dell'Universo, mentre Curtis sosteneva che Andromeda, e altre nebulose dalle
caratteristiche simili, fossero delle entità separate dalla Via Lattea, e le
denominò "Galassie" o "Universi-isola". Gli sviluppi
successivi hanno assodato che la Via Lattea è solo una delle centinaia di
miliardi di galassie contenute nell'Universo osservabile.
La notte del 5
ottobre 1923, Hubble fotografò M31
con un tempo di posa di 45 minuti. Confrontando la lastra fotografica con
precedenti esposizioni, si rese conto che una stella variava la sua luminosità
nel tempo con un periodo di 31,4 giorni. Si trattava quindi di un tipo di stelle
variabili chiamate Cefeidi. Questa
era una scoperta molto importante, perché l’astronoma americana Henrietta Swan Leavitt aveva mostrato,
nel decennio precedente, che la luminosità intrinseca di questo tipo di stelle
è direttamente correlata al periodo di variazione. Leavitt era arrivata a
questa conclusione dopo aver analizzato migliaia di queste stelle. Questa
stella venne in seguito chiamata V1 e utilizzando la relazione
periodo/luminosità, Hubble calcolò la sua distanza. Il risultato fu: M31 dista 1 milione di anni luce. Hubble
inviò quindi una lettera a Shapley per comunicargli la scoperta. Dopo
aver letto quanto scritto, Shapley si convinse del risultato ottenuto e, parlando
con un collega, disse: “Qui c’è la
lettera che distrugge il mio Universo”.
Gli astronomi hanno continuato a
scoprire nuove Cefeidi, migliorando (ed aumentando) il valore della distanza;
le attuali misure indicano una distanza
di M31 (Andromeda) di circa 2,4 anni luce. Per confronto, la nostra galassia (Via Lattea) ha un
diametro di 100.000 anni luce.
Spesso viene attribuita a Edwin Hubble la scoperta dello
spostamento verso il rosso (Redshift), nonostante fin dal primo decennio del
secolo scorso altri astronomi avessero già intrapreso misure del genere,
notando che quasi tutte le nebulose a spirale sembravano allontanarsi dalla
Terra. Tuttavia Hubble fu il primo a stabilire la relazione empirica di
proporzionalità esistente fra distanza e velocità di allontanamento delle
galassie.
Questa relazione è nota come legge di Hubble:
z = H0 D / c
dove z è lo spostamento verso il rosso misurato della galassia, D è la sua distanza, c è la velocità della luce e H0 è la costante di Hubble, il cui valore stimato è attorno a 67,15 km/s/Mpc.
Breve inciso: l’anno luce è una misura che indica a che distanza si trova un
oggetto che viene raggiunto da un fotone in un anno; ma gli astronomi preferiscono
utilizzare il parsec (o il
megaparsec, Mpc), questo perché è un’unità di misura molto pratica in
astronomia (per dettagli vedete qui).
La legge di Hubble venne pubblicata nel 1929 e inizialmente Hubble ottenne per H0 circa 500 km/s/Mpc, un
valore 7 volte maggiore di quello attualmente accettato. Dal valore di H0 è anche
possibile ricavare un ordine di grandezza dell'età dell'Universo: in tutti i
modelli cosmologici che assumono un Big
Bang infatti il tempo intercorso fra il Big Bang e l'epoca attuale è dato
approssimativamente da 1/H0 = 13,7 ± 0,8 miliardi di
anni. La prima valutazione di H0
forniva un’età di 2 miliardi di anni circa.
Per concludere, cento
anni fa Albert Einstein aveva appena
pubblicato la Teoria della Relatività
Generale e si cominciava anche ad ipotizzare come fosse fatto l’atomo (modello di Bohr-Sommerfeld), ma non si conosceva ancora come fosse fatto l’Universo
o come veniva prodotta l’energia delle stelle, la Meccanica Quantistica stava per arrivare.